> Home > News > News


La leggendaria storia di CANTUCCI e VINSANTO

Asciano - Alla Pasticceria LA GARBATA: Cantucci artigianali e buon Vinsanto del Chianti


Durante le feste natalizie le tavole toscane fanno sfoggio di numerosi prodotti tipici: panforte, cavallucci, ricciarelli e ovviamente i cantucci accompagnati da un bicchiere di vinsanto. In particolare, proprio i cantucci col vinsanto costituiscono il vero epilogo del pasto; la loro consumazione mitiga la sensazione di sazietà creata dalle portate precedenti, risveglia il corpo e la mente, li alleggerisce e propizia una nuova fase del convivio, quella in cui in un clima di serenità la chiacchiera prende il posto delle pietanze, gli anziani della famiglia iniziano i loro racconti del passato e la tradizionale domanda “Si beve un goccio di vinsanto?” risuona felicemente nelle orecchie dei commensali. Pochi, però, la storia che ha portato il vinsanto dalle tante sperimentazioni produttive del passato, alla presenza nostre tavole nei giorni di festa.


1348, Siena. La peste, ha iniziato da quasi un anno a diffondersi nell'intera penisola italica. Anche Siena viene pervasa dall’inarrestabile epidemia, dando molto lavoro a becchini e sacerdoti. La leggenda narra di un frate francescano che, nel disperato tentativo di salvare le vite dei senesi colpiti dalla peste, somministrava loro il vino adoperato nella celebrazione della messa. Ovviamente i malati non guarivano come per incanto, ma anche un solo sorso poteva portare una gradevole sensazione di sollievo, tant’è vero che al diffondersi della pratica e delle reazioni positive dei moribondi, si accompagnò la credenza che quel vino contenesse proprietà miracolose; fu così che quel vino da messa divenne il celebre “vinsanto”.


1691, Firenze. Il dizionario dell’Accademia della Crusca tenta di dare per la prima volta la definizione di “cantuccio”: “biscotto a fette, di fior di farina, con zucchero e chiara d’uovo”. Solo un secolo dopo è però possibile trovarne una ricetta ufficiale riportata su un documento, redatto da Amadio Baldanzi abitante a Prato. Nella seconda metà dell’Ottocento il pasticcere pratese Antonio Mattei, partendo dalla ricetta degli originali “biscotti di Prato”, la rivisita e la promuove comere tradizionale rispetto alle tante varianti nate con il tempo. I cantucci, divenuti orgoglio dolciario del Made in Italy, vennero portati da Mattei all’esposizione universale di Parigi nel 1867, facendogli conquistare uno speciale riconoscimento internazionale.


Tra cantucci e vinsanto, la Toscana sembra vantare una tradizione dolciaria ed enologica vecchia di sei secoli; oggi non c’è turista che non approfitti di una visita in Toscana per sperimentare il tripudio di sapori che genera l’assaggio di un cantuccio inzuppato nel vinsanto. Pur avendo origini così distanti nel tempo, il vinsanto pare derivare proprio da quello comunemente usato durante la messa. Questi due prodotti gastronomici toscani sembrano essere nati per incontrarsi, quasi non potesse esistere il consumo dell’uno senza l’altro.


La produzione del vinsanto inizia con la scelta dei grappoli migliori di Trebbiano e Malvasia, o eventualmente di Sangiovese. Successivamente si procede con l’appassitura e la successiva pigiatura. Il mosto prodotto in questa maniera viene poi versato in barilozzi di legno, aggiungendovi i lieviti per la fermentazione. La preparazione tradizionale del vinsanto era talmente lunga e complessa che quando si consumava a tavola si usavano piccoli bicchieri, per centellinarlo e farlo durare il più a lungo possibile. Ancora oggi il vinsanto viene servito in bicchierini che permettono soltanto pochi sorsi, o come si usa dire: “un goccio”.


La controparte del liquoroso vino, il cantuccio, è un biscotto oblungo, di massimo dieci centimetri, la cui forma deriva dal taglio diagonale che viene dato al filone di impasto dopo la cottura. L’impasto prevede l’utilizzo di farina, zucchero, uova, mandorle e burro. 


L’esigenza di far durare più a lungo il prodotto, caratterizza la sua preparazione: la consistenza secca del cantuccio deriva originariamente dal tentativo di mantenerli di più. Inizialmente viene stesa la farina “a fontana”, per poi aggiungervi 3 uova, lievito e zucchero; tutto quanto va impastato a lungo, finché non raggiunge una consistenza morbida ed elastica. Solo a questo punto vanno aggiunte le mandorle e impastato ancora il tutto per distribuirle adeguatamente. Al termine del procedimento l’impasto si divide in filoni che verranno poi inseriti in forno a cuocere per circa 20 minuti. Una volta uscito si lascia riposare, per procedere infine al famoso taglio obliquo che rende riconoscibile a prima vista il celebre biscotto.

 

clicca qui, per visitare una visita alla Pasticceria LA Garbata



CONDIVIDI SU:
FacebookDiggdel.icio.usTwitterMySpaceLiveGoogle BookmarksTechnoratiNetvibesemail

SOGGIORNI NELLE VICINANZE

PODERE SAN SANINO

TORRITA DI SIENA

L'Antico casale in pietra, sapientemente recuperato, è raccolto nelle dimensioni, c...

Mimmi

CORTONA

Immerso nel verde della campagna toscana, a pochi passi dall'Umbria, si erge un vecchio Mu...

ALL'OMBRA DELLA TORRE

SIENA

...

RISTORO E SVAGO NELLE VICINANZE

CAFFE' DEI BARBERI, Trattoria Tavola Calda

SINALUNGA

Tutti i giorni proponiamo una ricca scelta di piatti , sia di terra che di mare, per i vos...

Teatro Dei Rozzi

SIENA

Non è da tutte le città avere due teatri bellissimi, perfettamente funzionan...

Osteria Del CONTE

MONTEPULCIANO

Arrivare nel cuore di Montepulciano, città dalle sensazioni magiche, già di ...